Ombre di un processo/12 di Carla Baroncelli

22 dicembre 2017 – NONA UDIENZA PROCESSO BALLESTRI CONTRO CAGNONI

L’immagine di oggi è una fede nuziale in un barattolino trasparente col tappo azzurro.
Una fede schiacciata, ovalizzata.
“E’ la fede della signora Ballestri?”, chiede l’accusa mostrandola alla difesa e alle parti civili.
Anche l’imputato la guarda. Annuisce subitamente.
La fede viene ammessa agli atti.
Il Presidente più volte durante l’udienza prende il barattolino trasparente. La guarda pensoso.
Intanto continuano ad ammucchiarsi le prove contro l’imputato e la premeditazione della tragedia.
Abbandonando il come è successo agli esperti e alla corte, la domanda alla quale cerco di trovar risposta è sempre la stessa: perché gli uomini uccidono le donne?
Mi servo di alcune frasi pronunciate in aula.
Uno degli amici dell’imputato racconta di serate conviviali di soli uomini in cui si parlava di donne e separazioni legali.
“Matteo parlava come un talebano, la madre deve stare a casa coi figli”. L’amico riferisce anche di “schede telefoniche che mi aveva chiesto, gli servivano per contattare accompagnatrici per andare a dei convegni… lo accompagnai da una massaggiatrice a Milano Marittima, una bella signora, non troppo giovane”. Se costei fosse una prostituta, l’amico non sa, però, tornato in auto dopo essere stato da lei, dice: “lui si è cambiato i vestiti… la moglie non si sarebbe accorta di niente”.
Cagnoni nel suo appello per ottenere gli arresti domiciliari, fra l’altro afferma che ” le lettere scritte dal carcere mi hanno salvato la vita, perchè in carcere c’è gente poco evoluta”.
Da persona più evoluta dei compagni di cella, Cagnoni e compagni, come succede in ogni gruppo di amici maschi si trovano in congreghe maschili sicuri di trovare solidarietà e complicità. Si parla di donne, sport, soldi e sesso.
Di converso, sappiamo che Giulia, costretta a stare a casa coi tre bambini, quando ci riusciva, si lamentava con le amiche di non poterne più di essere controllata, compressa dal marito. Forse parlavano di bambini, ricette, moda, diete?
Di cosa parlino gli uomini o le donne quando sono in gruppo senza i partner è ormai una stereotipia.
Ma se a 14 anni è comprensibile, come gioco delle parti, cambiarsi abito o scarpe fuori dalla porta di casa, perché non se accorga la mamma, per non farla brontolare, a cinquant’anni e passa non ci si può ancora cambiare d’abito perché la moglie non s’accorga che hai fatto sesso con un’altra donna. Si presume che, con l’età, si maturi, ci si evolva. E se ciò non accade, mi viene il sospetto che persista un’immaturità fanciullesca forte di una cultura patriarcale. Che relazione è quella fra un uomo e una donna basata sulla disparità di potere, sulla mancanza di rispetto e uguaglianza?
Come quell’uomo considera quella donna? Cosa vale la vita di una donna ridotta ad oggetto da un marito che si cela dietro una professionalità rispettabile?
Da perfetto talebano, la madre deve stare a casa coi figli. Non può avere volontà e desideri propri. E se ce l’ha, le spetta una punizione.
Per convincere la corte a concedergli gli arresti domiciliari, l’imputato si definisce “Un padre esemplare. Non sono il conte Ugolino”. (Qui fa un po’ di confusione storica, perché Dante l’ha collocato all’inferno come traditore della patria e non per la diceria popolare che lo accusava di aver mangiato i suoi figli).
Da padre esemplare, non è un conte Ugolino, dice. Lui i suoi figli non li mangerebbe. Promette. Sull’aggettivo esemplare, non pare che l’imputato abbia dato segnali di mitezza e virtù, almeno durante le prime nove udienze del processo.
Ma la chicca del Cagnoni pensiero, è scritto in una lettera dal carcere, sempre allo stesso amico: “Pensando a quegli anni felici non posso non accostare la nostra storia a quella del film Pretty Woman. Io bello, ricco, dottore, più maturo di testa e di età ho in contrato una ragazza sbandata e infelice e le ho dato una ragione interiore, sicurezza e felicità”.
Da perfetto Richard Gere, dalla ragazza sbandata e infelice che era prima di incontrarlo, modestamente, ha creato una donna sicura e felice.
Ma non siano in un film e neppure in un canto infernale.
Siamo di fronte ad un pensiero demoniaco: quella donna l’ho creata io e ora osa ribellarsi, quindi posso distruggerla, eliminarla.
“Nella brutalità con cui ha ucciso la signora Ballestri non c’è stato raptus, ma odio covato per più di un anno, un odio che l’ha portato a cancellare quel corpo e quella faccia”, afferma la PM esprimendo il suo parere negativo alla richiesta degli arresti domiciliari.
Odio, frutto di una cultura virile e onnipotente. Quante donne vengono uccise dai loro mariti o ex, solo perché, come Giulia, avevano deciso di uscire da quella prigione in cui erano state rinchiuse. Un conto è esser diventata sicura e felice, un conto è essere schiave del volere di un uomo.
Noi donne non siamo delle stereotipie, e credo che neppure tanti uomini lo pensino. Basta con la donna debole e fragile, l’uomo forte e protettivo.
Il colto imputato invece pare essere proprio convinto che sia così. Infatti, a suo padre ha raccontato di aver ucciso lui, Giulia, invece alla madre, per proteggerla,avrebbe raccontato che era stata uccisa da uno straniero. Anche lei è una donna debole, fragile e da proteggere.
Ma le bugie, le finzioni, i trucchi, le stereotipie, proteggono davvero? Quasi mai. Intanto credo che le donne debbano decidere da sole, se, quando e da cosa vogliono essere protette. E soprattutto da chi.
Da tanto padre esemplare?
Ciò nonostante l’imputato, nella parte dell’agnello, si appella alla bontà natalizia che lo mandi a casa in vacanza, a Ravenna, dal fratello: “Mi darebbe una gran gioia … sarei felice …”
Io invece non ne sarei felice. Intanto che la corte decide, entro cinque giorni, sugli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, mi consolo con una notizia di due giorni fa. Il Senato ha approvato in via definitiva la legge per gli orfani di femminicidio. Prevede il gratuito patrocinio, il sequestro conservativo dei beni del femminicida, la sospensione del diritto alla pensione di riversibilità e l’indegnità a succedere. Sulla carta questa legge appare l’unica esistente in Europa per tutelare bambine, bambini, ragazze e ragazzi la cui vita è stata sconvolta dal proprio padre che ha ucciso la loro madre. Un primo passo perché in realtà bisogna aspettare i decreti attuativi con gli eventuali ricorsi e che, gli organismi che la rendono applicabile, siano operativi. Fra l’altro, gli orfani di femminicidio potrebbero chiedere di cambiare il cognome. Sarebbe come disconoscere il padre. Una punizione davvero esemplare, per chi del proprio nome ne ha fatto un vessillo.

P.S.: Il 24 dicembre la Corte d’Assise ha respinto la richiesta di Cagnoni di arresti domiciliari. Può fuggire. Reiterare il reato. Inquinare le prove.