OMBRE DI UN PROCESSO / 30

di Carla Baroncelli

14 giugno 2018 – VENTISETTESIMA UDIENZA – PROCESSO CONTRO MATTEO CAGNONI PER IL FEMMINICIDIO DI GIULIA BALLESTRI

Maschilismo. Misoginia. Sessismo. Femminicidio.
Le parole dell’udienza di oggi sono particolarmente importanti, parole che fanno la differenza. Servono per capire non solo perché Giulia è stata uccisa da suo marito, ma perché le donne vengono uccise dai loro compagni o ex.
Prima però qualche passo sulla ricostruzione del femminicidio di Giulia.
La dottoressa D’Aniello, continuando la sua magistrale requisitoria iniziata l’udienza scorsa, ha ripreso la dimostrazione dell’illogicità e delle incongruenze della Verità secondo Matteo. Secondo Matteo Giulia sarebbe ancora viva se gli avesse ubbidito, è stata colpa sua. Non ha ubbidito.
La Pm ha sezionato e rivoltato le conversazioni tratte dalle intercettazioni telefoniche fatte dopo l’arresto dell’imputato. A suo padre, sua madre, lo zio, l’amica del padre, l’amica della madre.
Giulia è stata uccisa. Matteo è in carcere. Eppure …
Nessuno di loro – pennella la Pm – che dica Matteo è innocente, povera Giulia, chieda cosa sia successo. Tutta la sua famiglia dà per scontato che sia stato lui, si parla solo della motivazione che l’avrebbe spinto. Episodi di pazzia in famiglia. Non ci ha visto più. Matteo l’ha fatta grossa. Per Matteo in carcere: giustizia è fatta.
Surreale la tesi della difesa che le impronte sul muro e sul frigorifero non siano dell’imputato – prosegue la Pm chiedendo – perché allora la difesa non ha chiesto la scarcerazione di Cagnoni Matteo? Cagnoni, ormai lo possiamo dire, ha ucciso Giulia Ballestri.
Crudeltà, premeditazione. Dimostrate da tutti i lati.
Non solo dalla Pm, anche dall’avvocato Giovanni Scudellari, per la famiglia Ballestri.
Parole ugualmente appassionate. Ma pronunciate con due diverse modalità. Due narrazioni diverse.
Quella di Scudellari dura e sferzante. Con un commovente inserto: Prendo la parola per Giulia. Prima non l’avevo mai vista; l’ho conosciuta qui, in questo processo, assieme a voi. Guido Ballestri me l’ha fatta conoscere attraverso i temi e le lettere che i suoi bambini le scrivono ancora, ma quella Giulia la tengo per me.
Poi parte con una incalzante ricostruzione filmica, dal momento dell’aggressione alla morte di Giulia, che ha sospeso i fiati, indignato gli animi e bagnato gli occhi.
Perché distruggere quella faccia? – si chiede – Perché Giulia è la sua faccia, una faccia collegata al cuore, così facendo ha cancellato entrambi.
Invece la narrazione della D’Aniello è pacata, arguta, appuntita, estremamente attenta ad ogni dettaglio, ad ogni parola, sempre visti con l’occhio della logica.
Ma nel contempo, la Pm, ha dato il via a parole inusuali in un’aula di giustizia. Parole che hanno fatto la differenza.
In vetta a tutte, la parola femminicidio.
Una parola che congiunge la morte di Giulia alla morte di tutte le donne uccise, perché per tutte il motivo è lo stesso. Una donna ogni due giorni viene uccisa perché non vuole più sottostare al pater familias.
E questa parola l’hanno pronunciata oltre alla Pm, le avvocate e gli avvocati delle parti civili nelle loro arringhe. In tutti gli interventi di oggi. Femminicidio.
Dalle Ombre precedenti è emerso che le parole hanno un sesnso.
In questo caso rispondono alla domanda: perché Giulia è stata uccisa?
E perché gli uomini uccidono le donne?
Delitto passionale? – chiede la D’Aniello – Non c’è passione, non c’è amore, c’è solo malvagità! Grande passo in avanti per questa parola, femminicidio, che a non tutti piace. Cacofonica, per alcune persone. Da vent’anni le donne l’hanno scelta come il termine che meglio rappresenta l’uccisione di una donna in quanto donna. E femminicidio è una parola sempre più usata.
Ma perché è così importante nominarla, dirla? C’è già la parola omicidio, dice qualcun altro. Mentre omicidio sappiamo tutti cos’è, femminicidio è un omicidio che incorpora in sé qualcosa di più specifico. Contiene un’affermazione di causa. Comprende il contesto in cui avviene l’omicidio. In famiglia, contro la donna alla quale si è stati legati sentimentalmente.
Uccisa perché quel legame è finito. Uccisa perché non ha diritto di scegliere.
Di femminicidio parla la Pm D’Aniello, imboccando la strada del movente. Un atteggiamento patriarcale e misogino. La malvagità di una persona manipolatoria. Un pater familias che voleva la dominanza sulla moglie e avere su di lei diritto di vita e di morte.
La D’Aniello legge un messaggio di Giulia al suo nuovo compagno riferendosi al marito: A volte è un debole, a volte mi fa tenerezza. Questo, secondo la Pm, è uno degli errori più ricorrenti delle donne nei confronti dei loro assassini: sottovalutare.
E’ un vero mistero, di cui non mi capacito. Fin dove può arrivare la capacità di noi donne di fidarci e di credere al pentimento dell’uomo? Ci sono casi di femminicidio dove donne che sono state accolte coi loro figli nelle case rifugio, che hanno cambiato città, lavoro e le scuole dei figli, quando il marito o ex chiede loro di tornare, perché ha capito di aver sbagliato, perché giura che non farà mai più loro del male, ecco lì, in quel momento, il femminicidio. Le modalità per uccidere quella donna ribelle sono tante, ma unica è la matrice, unico il movente: odio e vendetta per la disobbedienza.
Di femminicidio parlano nelle loro arringhe anche il preciso e professionale avvocato Enrico Baldrati, per il Comune di Ravenna, e l’avvocata Antonella Monteleone, per l’Associazione Dalla parte dei minori, che invoca un provvedimento pilota in questo processo per femminicidio, e sottolinea nel contempo che vittime di femminicidio sono anche i figli delle donne uccise. 1.600 dal 2000 al 2015. Sono tre gli orfani in questo caso. Orfani Speciali.

L’avvocata Sonia Lama per l’Udi afferma nella sua arringa: In Italia c’è un femminicidio ogni sessanta ore, numeri da guerra: 116 nel 2016 e Giulia è una di queste, ‘una di meno’ di noi. Perché così tante donne vengono uccise? – chiede – I femminicidi sono in crescita. Sono sempre di più le donne che decidono di autodeterminarsi, ma ci sono ancora molti uomini che non sono in grado di accettare questa loro scelta.
Per Linea Rosa, l’avvocata Cristina Magnani afferma: Femminicidio è un sostantivo qualificante. Giulia è stata uccisa perché ha alzato la testa, ha cercato di affrancarsi dal ruolo di strumento, di individuo relegato a mero contorno dal marito. Costretta all’obbedienza. Pertanto, citando Tina Lagostena Bassi, l’avvocata delle donne, chiede alla corte: una sentenza politica, non in senso partitico, nel senso di polis, città, che sia di indirizzo delle coscienze delle persone verso il rispetto della dignità della donna.
Tutti noi, uomini e donne, dobbiamo fare attenzione alle parole che usiamo.
Ecco le richieste di pena e risarcimento a carico di Matteo Cagnoni.
Ergastolo e isolamento diurno per un anno, per la Pubblica accusa.
La famiglia di Giulia: un milione per ogni figlio, cinquecento mila per ogni genitore, centocinquantamila per il fratello.
Le altre parti civili chiedono risarcimenti per danni patrimoniali, ma soprattutto d’immagine.
Il danno arrecato all’associazione – dice l’avvocata Lama per l’Udi – è enorme perché vanifica un lavoro di decenni che va rifatto. La sua richiesta è di sessantamila euro per finanziare due progetti sulla promozione del rispetto tra i genere nelle scuole.
L’avvocata Magnani, per Linea Rosa, quantifica in settantamila euro la realizzazione di un fondo per pagare le cure alle donne vittime di violenza sfuggite alla morte ma col corpo tuttora segnato da gravi ferite.
Venticinquemila euro chiede l’avvocata Monteleone per l’Associazione Dalla parte di minori per sostenere la psicoterapia dei figli di Giulia fino a che ne avranno bisogno.
Un conto preciso e rigorosamente documentato da 49.500 lo presenta l’avvocato Baldrati per il Comune di Ravenna per l’assistenza passata e futura ai tre bambini di Giulia.
L’imputato non era in aula neppure oggi.
Non ha trovato la Maschera giusta?
Se ne è avuto a male perché gli danno dell’assassino?
La prossima udienza sarà il turno della difesa. Parleranno gli avvocati Dalaiti e Trombini.

L’imputato verrà ad ascoltare due delle poche voci a suo favore?
E’ forse arrabbiato proprio col suo amico di Famiglia, il fedele Giovanni Trombini che non è riuscito a trovare un appiglio credibile per difenderlo? Neppure lui gli ha ubbidito, non lo sta tirando fuori dai guai. Un compito forse impossibile, ma aspettiamo l’arringa di lunedì prossimo, il 18 giugno.
Porto a casa una frase del Professor Cagnoni al fratello: Le cose si pacificano sempre pagando non scappando. Bisogna che passi la burrasca.

Photo: Avv. Sonia Lama di UDI Ravenna (Foto Zani)