La Violenza ai tempi del Coronavirus

Sono questi momenti di paura, di angoscia e di sgomento per ciò che ci sta accadendo attorno e che, oggi come oggi, possiamo vedere quasi esclusivamente dalla finestra di casa o dalle nostre finestre virtuali sul mondo.

In un momento in cui si alternano visioni strazianti di processioni di feretri a cori patriottici, in cui si disquisisce sul livellamento delle diseguaglianze e sulla presunta rinascita del senso di umanità, noi diciamo che la pandemia non livella nulla, né rende buono chi prima non lo era.

Come è noto, le fasce di popolazione più esposte e con meno tutele, oggi lo sono ancora di più, e lo stesso discorso vale per il presunto rinnovato spirito di umanità.

Lo sanno bene le donne vittime di violenza. Lo sa bene la donna accoltellata a Imola dall’ex marito in pieno centro commerciale e lo sa bene la moglie del procuratore generale della Cassazione Fresa.

Il violento infatti resta violento anche con la quarantena e anzi, se possibile, lo diventa anche di più.

L’impressionante calo di richieste di contatto che tutti i centri antiviolenza stanno registrando dall’inizio del periodo di chiusura forzata non è infatti certo indice di una ritrovata armonia coniugale, ma semmai di paura, di impossibilità a comunicare in quanto costrette in casa col maltrattante.

In un momenti come questo bisogna andare oltre l’ascolto e l’assistenza a distanza.

È indispensabile da parte del Governo adottare misure concrete e rapide su tutto il territorio nazionale per quelle donne che necessitano una fuoriuscita rapida dall’ambiente domestico e che non hanno un altro posto dove andare, né mezzi economici.

Questo è ciò che chiedono le associazioni di donne e le reti dei centri antiviolenza sottolineando l’altissima criticità del momento rispetto a tutto il percorso di una donna maltrattata: dalla richiesta di aiuto, probabilmente resa quasi impossibile dalla forzata convivenza, al dove, come ripararla in un momento in cui sono prioritarie la salute pubblica, i periodi di quarantena e la distanza sociale.

Pur nella forzata immobilità a cui siamo tenute, vogliamo far sentire le esigenze oggi e la concretezza dei problemi delle donne maltrattate al tempo del Coronavirus e dare il nostro apporto perché,  nell’angoscia del momento, si continuino però a dire e fare cose sensate e utili.