43 anni di Legge 194

Il 22 maggio 1978 il Parlamento italiano sancisce con la Legge n° 194 la legalità dell’aborto, o meglio, dell’interruzione volontaria di gravidanza. Oltre a stabilire il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, all’assistenza ospedaliera pubblica in caso di interruzione, il testo della nuova norma nel primo articolo dichiara che l’intervento «non deve essere un mezzo per il controllo delle nascite» e, a tal fine, destina 50miliardi di lire l’anno per finanziare i consultori territoriali nati ben tre anni prima (Legge 405/1975) e all’epoca non ancora del tutto andati a regime.

Da oltre quarant’anni quindi in Italia qualsiasi donna, entro i primi 90 giorni di gestazione, può richiedere l’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) per motivi di salute, economici, sociali o familiari.
Fu una rivoluzione, messa nero su bianco, che ha resistito e continua a farlo ancora oggi, nonostante dall’entrata in vigore della legge, oltre al referendum del 1981, siano stati 35 i ricorsi per incostituzionalità. Un dato che ne fa tutt’oggi una delle norme più contestate del Paese.

A 43 anni dall’approvazione della legge 194, il diritto della donna all’aborto non è ancora pienamente garantito in Italia. Per questo le associazioni Amica – Medici Italiani Contraccezione e Aborto e Luca Coscioni hanno presentato in conferenza stampa alla Camera una proposta per “aggiornare” la legge.

 

“Dopo più di quarant’anni la situazione è di una non-applicazione in larghe parti del nostro Paese, ci sono poi ingiustizie gravi generate dal dettato stesso della legge:  donne costrette ad emigrare all’estero laddove venga fatta una diagnosi tardiva di grave patologia fetale. In particolare, la richiesta è di una modifica degli articoli 6 e 7 proprio riguardante l’interruzione di gravidanza per grave patologia fetale oltre la 22a settimana. Ma anche l’articolo 5 che stabilisce la necessità di un periodo di riflessione fissato per legge a sette giorni e l’articolo 9 che non prevede alcun obbligo di continuità assistenziale per il medico obiettore di coscienza. Come tutte le leggi in ambito sanitario e dei diritti scontano un po’ lo spirito dei tempi in cui furono approvate e nel frattempo sia dal punto di vista scientifico, sia dal quello sociologico, sono cambiate tante cose.  Inoltre non si deve dimenticare che accanto all’aspetto ideologico che permea sicuramente la legge 194, esiste un aspetto squisitamente sanitario ed è ora di riportare la tematica dell’aborto nella sua casella di riferimento che è quella dell’intervento medico”.